“La perfezione è una stupida inezia. Non è l’ultima delle ironie della vita che questa, alla quale tutti miriamo, è meglio che non venga raggiunta”. W. Shakespeare.

 

La sensazione provata dal musicista prima (ed a volte, la più deleteria, durante) la performance, ha un nome datogli da alcuni ricercatori (Wilson & Roland, 2002; Ryan, 2004; Kesserling, 2006; Kenny, 2011): Music Performance Anxiety (ansia da prestazione musicale o MPA, trasformatasi poi in ansia da palco).

È Kesserling in particolare ad avere centrato pienamente il senso della definizione affermando che vi è un “aumento di ansia prima o durante un’esibizione, di fronte ad un pubblico giudicante, il cui risultato influisce sull’autostima“.

Nei miei articoli precedenti sull’ansia da palco, avevo affrontato i suoi molti aspetti e le cause alla base: difficoltà a mantenere la concentrazione, timore di sbagliare, problemi di memoria, caratteristiche di personalità. Oltre a tutto ciò esiste anche un altro aspetto: il perfezionismo.

Una delle tante definizioni che ne sono state date è quella di Hollender (1978): “La tendenza a domandare a se stessi o ad altri una qualità più elevata di quanto la situazione richieda“.
Ciò porta sia ad avere aspettative su di sé e sulla propria carriera che sono irrealisticamente elevate (prendere a modello i più grandi maestri e voler arrivare a tutti i costi ad essere esattamente come loro) sia a preoccuparsi eccessivamente per i piccoli errori (molto comuni e normali in ambito musicale).

Esistono indubbiamente degli elementi positivi nel perfezionismo per un musicista:

  1. Riporre entusiasmo nella performance;
  2. Vedere l’errore come una possibilità di miglioramento;
  3. Non temere che gli altri musicisti ci vedano come vulnerabili.

Purtroppo esiste anche un perfezionismo negativo che blocca la performance. Il blocco rischia così di autoalimentarsi: si studia un pezzo, non si è soddisfatti, si cerca di fare sempre meglio (esercizi di tecnica, scale…) ma così facendo si scoprono sempre nuovi modi in cui si può “fare meglio” e così via…
Inoltre è insito proprio nell’essere musicista una certa dose di perfezione: anni ed anni di studio, per arrivare all’obiettivo. Non ci si possono quindi permettere errori ne’ durante un concerto ne’ tanto meno, ovviamente, durante un concorso. Capacità di coordinazione, mantenere la memoria e l’attenzione, destrezza motoria sono tutte abilità richieste ad un musicista.

Anche se ciò è necessario, l’eccessiva (e sottolineo eccessiva) preoccupazione di commettere errori si può trasformare in perfezionismo malato e questo può contribuire a scatenare una forte ansia da prestazione.

In particolare, Mor, Day, Flett, ed Hewitt hanno condotto uno studio su 49 musicisti rilevando che persone che per carattere avevano elevati standard personali di perfezione e con un’ alta percezione delle aspettative genitoriali, percepivano un’ansia da palco maggiormente debilitante.

Gli stessi risultati si sono raggiunti in uno studio condotto da Sinden su 138 studenti di strumento.

In attesa del prossimo articolo, nel quale tratterò più da vicino le armi che ciascun musicista (ma non solo) ha a disposizione per superare un’eccessiva dose di perfezionismo, mi piace concludere questo scritto citando Furio, uno dei migliori personaggi creati da Carlo Verdone. Quando ci si rende conto che si sta esagerando un bel: “Anton Giulio vai al posto di Anton Luca ed Anton Luca vai al posto di Anton Giulio poiché c’è un lieve squilibrio” può sdrammatizzare la situazione.

emdr, DOC, Carlo Verdone, ansia da palcoscenico, come superare l’ansia da palco, paura del pubblico, performance, rimedi per l’ansia da palco, Psicologo, Torino
Dott.ssa Sabina Natali, Psicologa, Psicoterapeuta Torino
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