“Normalmente vediamo solo ciò che ci piace vedere, tanto che a volte lo vediamo dove non c’è.”

Eric Hoffer

L’altro giorno, al termine di un percorso terapeutico, una paziente del mio studio di Torino mi ha detto: “La terapia mi è servita per rileggere la mia storia, e anche per rinarrarla“. Non avrei potuto essere più contenta ed utilizzare parole migliori delle sue.

Si è soliti “raccontarsi delle storie”: sul nostro comportamento, sulle nostre azioni, sulle “colpe” che abbiamo noi o gli altri. Le storie permettono di interpretare l’esperienza, sia la propria che quella di chi ci sta accanto, e di dargli un significato. Così costruiamo con noi stessi un monologo.

Come afferma J.Hillman nel suo libro: “Le storie che curano”: “L’intera attività terapeutica è in fondo questa sorta di esercizio immaginativo che recupera la tradizione orale del narrare storie: la terapia ridà storia alla vita“.

Il raccontare la propria storia in un contesto terapeutico produce un cambiamento. Anche il terapeuta ne è parte ed ha il grosso compito di ridirigerla, non forzando il racconto ma accompagnando il paziente nei sentieri della narrazione stessa, indicandogli dei punti di riferimento, ma lasciando che lui stesso scopra la direzione che più gli è consona.

Alcune persone si difendono dicendo: “tanto gli eventi negativi sono successi e non si possono cambiare”.  È ovvio, non si può cambiare il corso degli eventi passati e non sarebbe neppure interessante farlo. Invece ciò che è necessario è trovare una narrazione diversa. Questo perché il paziente tendenzialmente si racconta una storia in cui lui solo è il protagonista, o al massimo in scena viene inserita un’altra persona. La spiegazione dei nostri comportamenti risiede nella nostra individualità; nella storia siamo una monade, al massimo una diade.

Il vantaggio delle terapie sistemiche è l’aver scoperto che per cambiare un comportamento che non funziona o eliminare un sintomo bisogna andare oltre alle semplici spiegazioni a due per inserirle in un “triangolo”. Un esempio molto semplice: non è mai solo “colpa” del marito o della moglie, ma anche delle famiglie d’origine (di entrambi).

Se il problema viene inserito in una triade l’orizzonte si allarga e il tipo di lettura cambia completamente (ed i visi dei pazienti si illuminano accompagnati da un: “non ci avevo mai pensato!”). In realtà siamo abituati ad essere immersi in relazioni che prevedono ben più di una persona ed è quindi naturale che anche le spiegazioni dei comportamenti implichino la presenza di più persone.

Le storie (rinarrate) curano, a volte senza neppure accorgersene.

Ho ascoltato storie bellissime ed al contempo tristissime, ed è stato un onore per me aver aiutato i pazienti a riscriverle.

Ed ogni volta è stata (ed è) una bellissima scoperta…

 

terapia narrativa, idee sbagliate su di noi, stereotipi, false idee, categorizzazioni, pregiudizi, Psicologo, Torino
Dott.ssa Sabina Natali, Psicologa, Psicoterapeuta Torino
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