Come avviene il cambiamento psicologia?

Perchè i pazienti che accedono al mio studio di Torino lo fanno chiedendo di cambiare?E cosa vuol dire cambiamento?TERAPIA INDIVIDUALE

Tomasi di Lampedusa fa dire a Tancredi ne ”Il gattopardo: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».

Questo paradosso è molto comune nella stanza di terapia, soprattutto nella terapia di coppia quando le mogli/mariti affermano con una certa convinzione che il problema è l’Altro, e quindi sono da noi perché riusciamo a cambiarlo.Terapia di coppia: come funziona e come si svolgono le singole sedute.

Ma quello di cambiamento è un concetto molto complesso.

Se esiste un sintomo (un attacco panico o un disturbo ossessivo compulsivo solo per citare i più comuni) si vorrebbe eliminarlo subito, perché sono talmente dolorosi che solo eliminandoli si immagina la luce alla fine del tunnel. 

Ma i sintomi vanno interrogati prima di tutto. La diagnosi:una pesante etichetta

Perché si è sviluppato un DOC ad esempio? 

Cosa ci sta dicendo su quella persona? Cosa succedeva nella sua vita sei mesi prima del suo sviluppo?

Attenzione, non sto dicendo che il paziente debba tenersi il suo DOC alla fine della terapia, anzi! Esso “sparirà” quando avremmo capito la sua funzione nella vita di quella persona.

Sicuramente il sintomo è comunque sinonimo di necessità di cambiamento. 

I colleghi strategici hanno puntato tutto su questo: la scomparsa del sintomo avviene attraverso protocolli specifici, compiti e rituali.

Per la terapia narrativa ciò che conta invece è la costruzione di una nuova narrazione della storia del paziente, che si crea nella relazione che il terapeuta ed il suo cliente costruiscono in stanza di terapia.Il Genogramma ovvero l’albero genealogico in chiave “psi”.

La relazione quindi è ciò che cura, indipendentemente dall’orientamento teorico che sicuramente incide (soprattutto per certi tipi di situazioni) ma non sembra essere, secondo recenti studi sull’efficacia del percorso terapeutico, l’aspetto fondamentale.

Ovviamente tutto ciò passa anche (e a volte soprattutto) attraverso l’aspetto emozionale. Nulla può esistere senza le emozioni (ed il corpo, che ad esse è strettamente collegato).

“Io amo dire che ogni emozione viene da qualche parte e va da qualche parte, il che significa che ogni emozione che sentiamo origina da qualche forma d’interazione, comprese quelle che viviamo nei nostri dialoghi interni (Rober, 2005), e si rivolge, più o meno esplicitamente, a qualche altra interazione. Il senso che cerco di dare alle emozioni non è un senso “interiore” o privato, ma piuttosto un senso che prende in considerazione il sistema allargato, gli scambi emotivi che (ipotizzo) avvengono in esso, e il modo di circolare delle emozioni entro questo sistema.” (Paolo Bertrando).

E visto che “un fatto vale più di mille parole” in questa direzione vanno le prescrizioni che si danno ai pazienti (soprattutto coppie e famiglie):

far esperire loro, attraverso comportamenti differenti, emozioni che poi portano cambiamento.

Abbiamo quindi diversi attori in questa avventura chiamata terapia:

  • Il terapeuta, con la sua formazione, il suo mondo e le sue esperienze (formative e di vita);

  • Il paziente, con le sue storie da riparare;

  • La relazione terapeuta-paziente;

  • Il sintomo, che “fa un pò la voce grossa” in tutto ciò cercando di dettare legge e fare la parte della “prima donna”;

  • Le emozioni;

  • Il corpo (che meriterà una trattazione a parte).

Questi sono i “personaggi ed interpreti”.

Chi è il personaggio principale? A chi toccherà svolgere un ruolo secondario?

Non esiste a mio parere una risposta aprioristicamente corretta (e cosi faccio un pò come gli psicologi delle migliori caricature: rispondo ad una domanda con un’altra domanda).

Tutto dipenderà dal qui ed ora della relazione terapeutica: in quel momento ed in quella stanza di terapia (che ha un suo valore molto importante e che non tratto qui poiché altrimenti andrei fuori strada).

A volte ad es. i pazienti regalano stralci del loro mondo che mi permettono di puntare tutto sull’aspetto emotivo e su “dove lo sentono”, altre volte sono invece i miti ed i legami familiari a indurmi ad un’altro modo di rileggere quella storia che “si sono sempre raccontati un un certo modo”.

Non è un caso che in prima seduta faccia notare loro che entrare in terapia è un pò come “andare per mare”. Certo, io ho il timone del veliero (preferisco i velieri alle moderne imbarcazioni), ma non sono sola. Saranno i pazienti ad aiutarmi a trovare la rotta giusta e anche a cambiare strada se necessario, perché magari stiamo andando incontro a una burrasca che non sono ancora in grado ancora di reggere.

E’ comunque un viaggio che vale assolutamente la pena iniziare. 

Non potreste farne uno migliore

Dott.ssa Sabina Natali, Psicologa, Psicoterapeuta Torino
C.so IV Novembre, 8.
E-mail: info@natalipsicologatorino.it
Tel: 338/3052197