L’unica cosa di cui aver paura è la paura.

(Franklin Delano Roosevelt)

Lo stereotipo che si ha nei confronti dei musicisti classici e’ che siano dei narcisisti.

Da questa idea si sono sviluppate una serie di ricerche volte a sondare l’idea dell’esistenza di una “personalità del musicista”. Anthony Kemp (1996) definisce il musicista un “impavido introverso“. Infatti, se da un lato al musicista servirebbe una dose di “impavidita’”, senza la quale non sarebbe possibile salire su un palcoscenico, d’altro canto l’introversione sarebbe di fondamentale importanza poiché solo attraverso il sacrificio e la determinazione e’ possibile passare ore e ore alla pratica dello strumento. Sono noti a tutti i problemi caratteriali di Glenn Gould che, malgrado ciò, è diventato un famosissimo pianista. Viveva però talmente tanto male il calcare il palco che alla fine decise di ritirarsi.

Per altre ricerche, chi è naturalmente predisposto a cercare forti emozioni (e il salire su un palco sicuramente lo è!) pare avvantaggiato, ma neppure questo rappresenterebbe un dogma.

In realtà le ultime ricerche sono concordi nell’affermare che non esisterebbe una personalità del musicista ma tratti che possono favorire l’esecuzione pubblica.

Un gruppo di psicoterapeuti (Colazilli A., Napoletano S.,Martino D.,2013) aveva come obiettivo capire il tratto di personalità più predittivo dell’ansia da palco tra: paura di sbagliare, paura del giudizio e paura delle caratteristiche fisiologiche dell’ansia. Da tale ricerca e ‘ emerso che siano il timore del giudizio e il timore dell’attivazione fisiologica a essere fattori di personalità maggiormente predittivi dell’ansia da palco.

In poche parole ciò che realmente incute timore è la paura di noi stessi, della nostra reazione in condizioni di stress (la performance in quanto tale è un condizione stressogena molto forte), il venir giudicati. In queste situazioni l’Io può subire delle pesanti ripercussioni.

Inoltre più aumenta la fama più essa deve essere mantenuta quindi il rischio è che la paura cresca.

Il pubblico quindi viene caricato di aspettative (cosa penserà di me il mio Maestro se sbaglio? I miei genitori che mi volevano musicista? I miei colleghi, che sono più giovani di me e loro ce l’hanno fatta ed io no?). Esso però è solo un pretesto poiché a ben pensarci il pubblico si reca ad un concerto semplicemente per sentire della buona musica, non con la matita rossa e blu per segnare gli errori.

Per cambiare profondamente idea però è necessario un (breve) percorso terapeutico. Così direbbero i pazienti musicisti che nel corso degli anni ho visto nel mio studio di Torino.

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Dott.ssa Sabina Natali, Psicologa, Psicoterapeuta Torino
C.so IV Novembre, 8.
E-mail: info@natalipsicologatorino.it
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