Sai, ci sono due modi di vedere le cose: come se uno le stesse scoprendo per la prima volta o come se stesse dando loro l’addio“. Sandor Marai.

Ho sempre avuto un rispetto quasi reverenziale per i miei pazienti.

Considero tutte le persone che si rivolgono a me, nel mio studio di Torino, con la stessa ammirazione che provo davanti a un’opera d’arte: un misto di curiosità, interesse professionale ed umiltà conditi con emozioni di varia natura e genere (ciò che in termine tecnico e’ chiamato controtransfert ). Tante storie di vita, impossibili da inserire in categorie diagnostiche (strette a prescindere), declinate in modo diverso.

Ciò’ che accomuna tutti e’ la consapevolezza di stare male, così male da non farcela più da soli e affidarsi a un professionista che li aiuti. Per questo dico sempre che le persone più “normali” (virgolettato poiché sul concetto di normalità molto si è dibattuto in letteratura e non è questa la sede adatta a parlarne) che conosco sono proprio i miei pazienti. Perché’ hanno avuto la forza ed il coraggio di prendere in mano la loro sofferenza e di AFFRONTARLA.

All’inizio sono vista come “colei che sa”, un dispenser di consigli che possono risolvere in breve tempo il problema o i problemi che li affliggono.

Ben presto però si rendono conto che io non sono altro che lo strumento attraverso il quale le “soluzioni” si costruiscono insieme, seduta dopo seduta, sofferenza dopo sofferenza, storia dopo storia. Perché i dolori non sono altro che storie che vanno riscritte, corrette, cancellate e rilette tenendo il “buono” della trama ma sfrondando ciò che è bene eliminare.

Una delle molte e affascinanti ricerche americane effettuate in ambito neurobiologico ha messo in luce come i traumi vissuti durante l’infanzia modificano profondamente i circuiti sinaptici dell’amigdala, quella piccola struttura cerebrale che fa parte del sistema limbico e che serve (tra le alte cose) ad aumentare il potenziale reattivo di fronte a situazioni potenzialmente pericolose.

Ebbene, dopo un percorso terapeutico questi circuiti sono in grado di riorganizzarsi ed essi stessi di riscrivere nuove storie. Certo, soprattutto in seguito a traumi importanti la cicatrice rimarrà ma mai come all’inizio.

Quindi reinterpretare la nostra storia (ed eventualmente riscriverla) si può.

E non è così difficile come può sembrare prima di fare la prima telefonata…

paura del cambiamento rimedi, essere felici, Psicologo, Torino
Dott.ssa Sabina Natali, Psicologa, Psicoterapeuta Torino
C.so IV Novembre, 8.
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