Più ti piaci, meno sei come qualcun altro, che è ciò che ti rende unico.
(Walt Disney)

Avrete sicuramente riconosciuto l’inizio della bellissima poesia di E. Montale sul “male di vivere”. Secondo il poeta l’unico modo per contrastare il dolore consisteva nell’indifferenza.

Per un musicista ciò risulta essere una contraddizione in termini. Non è possibile in alcun modo rimanere indifferenti mentre si suona poiché il fare musica in se’ non è solo mera tecnica ma (nel bene e nel male) emozione. Purtroppo sono molti i musicisti che provano una sofferenza tale nel suonare che Hoppenot nel 1981 arriva a crearne una definizione: “mal di violino” appunto, a cui mi sono permessa di aggiungere “violoncello , pianoforte etc.”.

Cosa si intende? Con il tempo gli studenti dei Conservatori, ma anche i musicisti soprattutto all’inizio della carriera, sviluppano una relazione dolorosa e triste con il loro strumento, spesso inconsapevolmente, poiché in esso vedono la fonte di molte delle loro gioie, ma di altrettante difficoltà, sofferenze e sogni non realizzati. Soprattutto negli strumenti a corda, sappiamo quanto sia importante il rilassamento muscolare per la realizzazione del brano. Il pensare di non farcela, non riuscire a raggiungere i risultati sperati malgrado le ore di studio ed i sacrifici, porta a vedere il proprio strumento con tristezza se non addirittura con odio. Tutto ciò si declina in: paura di sbagliare, del proprio maestro o dei propri genitori, paura di fare brutta figura o di non riuscire ad arrivare mai alla vittoria dello sperato concorso e così via. Ecco che uno dei lavori più belli al mondo (fare musica) diventa solo fonte di negatività fino ad arrivare a creare malattie fisiche o psichiche.

Proprio partendo da queste premesse (molto stringate per motivi di spazio) suggerisco ai musicisti che si rivolgono a me un esercizio, tra i tanti, apparentemente banale ma disvelatore di molte “lampadine” (“Dottoressa! Non me ne ero mai reso conto” oppure: “Come ho fatto a non pensarci prima!”). Se state leggendo questo articolo e siete musicisti provate anche voi a metterlo in pratica.

 

1)Aprite la custodia del vostro strumento (mantengo come esempio il violino ma poco importa il tipo). Cosa vi trovate? C’è chi vi conserva delle fotografie, chi il biglietto di un concerto del proprio maestro oppure di una propria performance, chi un piccolo peluche regalato da qualcuno a lui/lei caro. Chi non ha nulla (in questo caso chiedetevi “Come mai?”) e chi ha troppo. In quest’ultimo caso guardate i singoli oggetti e rispondete alla seguente domanda: “Ha ancora senso per me questo nella mia vita /carriera professionale attuale?”.

2) Nome. Avete dato un nome al vostro strumento? O per voi è solo “il violino” o peggio “lo strumento”. Perché?

Ho sentito delle storie molto affascinanti in merito nel mio studio di Torino. Sicuramente anche voi avreste la vostra da raccontarmi.

3)Fino a questo momento lo strumento è rimasto nella custodia.

Bene adesso potete togliere il panno e prenderlo in mano. Guardatelo come non lo aveste mai osservato prima. E’ un oggetto, prima ancora di essere uno strumento. Osservatene il colore, la forma. Sapreste dire dove ci sono delle piccole rigature che solo voi conoscete? In che occasione sono state fatte? O dei cambi di tonalità di colore. Adesso annusatelo (si, avete letto bene. Annusatelo!!!) ma ad occhi chiusi. Cosa vi ricorda il suo odore? A cosa lo associate? (un concerto particolare? Un luogo? Una persona?).

4) Ora lasciate che lo strumento vi racconti la sua storia. Ricordate come lo avete avuto? Le sensazioni/emozioni/stati d’animo che avete provato la prima volta che lo avete preso in mano per suonarlo? Il primo concerto/concorso che avete affrontato con lui?

Adesso chiedetevi: “A questo punto della mia vita, della mia carriera professionale è ancora “buono per me” ?

Lo risceglierei oppure è venuto il momento di cambiarlo? O di modificarne una parte?”.

5) Ed infine….Un passaggio che qui non avrebbe senso narrare ma all’interno di una stanza di terapia ha moltissima importanza attuare. Non ve lo dico. Se volete scrivetemi.

altro. utile strumento è la macchina fotografica!ai sottovalutare il potere di una fotografia!Per questo porto avanti un progetto dal titolo don’t pose, insieme a una (bravissima) fotografa. Qui troverete maggiori informazioni https://www.alessandraferrua.it/blog-18082019.html

Intanto….domani (non oggi) provate a suonare e sentite se è cambiato qualcosa.

errori musicali, violino, ansia da palco, rimedi per l’ansia da palco, attacchi di panico musicisti, performance, musica classica, Psicologo, Torino
Dott.ssa Sabina Natali, Psicologa, Psicoterapeuta Torino
C.so IV Novembre, 8.
E-mail: info@natalipsicologatorino.it
Tel:338/3052197