Come psicologa a Torino https://www.natalipsicologatorino.it ho notato che la maggiore difficoltà riscontrata è proprio quella del primo colloquio dal psicologo.

“Quante volte raccontiamo la storia della nostra vita aggiustandola, migliorandola, apportando tagli strategici e più si va avanti negli anni e sempre meno persone potranno dire che la nostra vita non è la nostra vita ma è solo la storia che ne raccontiamo. La storia della nostra vita raccontata agli altri, ma soprattutto a noi stessi.” Dal film: L’altra metà della storia.

Una paziente che ho visto da poco nel mio studio di Torino mi ha aiutato a fare una riflessione che da “addetta ai lavori” avevo dato un pò per scontata. Argomento: l’ansia del primo colloquio dallo psicoterapeuta. Uno dei grandi fondatori della psicoterapia sistemico-relazionale (orientamento che seguo) disse che in realtà quando si fa la prima telefonata si è già fatto il 50% del lavoro terapeutico. Non posso che essere (molto!) d’accordo.

Ho avuto pazienti che mi hanno confessato di avere il mio numero di telefono nel portafoglio da più di un anno (che costanza!). Eh si, perché prima di telefonare c’è un “lavorio” da compiere. Proviamo a vederne i passi salienti:

  1. Ho un problema. Sembra scontato ma così non è. Ammettere di avere un problema viene dopo essersi sentiti dire (magari per molto tempo) che c’era qualcosa in noi che non andava bene. Solitamente sono amici, parenti o il proprio partner a farci notare che i nostri comportamenti/stati d’animo/umore hanno “qualcosa che non va‘ “. Sto ovviamente generalizzando poiché, soprattutto quando si tratta del proprio partner, un conto è che stia dicendo la verità e si preoccupi per noi, un conto invece è che “voglia sollevarsi la coscienza” da un problema che risiede altrove (per questo vedasi l’articolo: https://www.natalipsicologatorino.it/dottoressa-glielo-dica-lei-ovvero-la-coppia-in-crisi-dal-meccanico/ ). Dopo una normale, a volte anche legittima, negazione, piano piano quel “tarlo” del “qualcosa non funziona” inizia ad entrarci in testa e a lavorare…
  2. Tentate (fallimentari) soluzioni. Ovviamente prima di prendere la decisione di telefonare si saranno provate tutte le soluzioni possibili: parlarne con il partner/gli amici/il parroco/la zia o zio con cui si ha un rapporto speciale. Si sarà provato a distrarsi con l’alcool, qualche canna, serate in discoteca, cibo, viaggi in giro per il mondo ma niente. Il problema è sempre lì. Talmente radicato che anche le tentate soluzioni corrono il rischio di diventare parte del problema stesso. Ed allora…
  3. Mi consigli uno bravo?“. Anche in questo caso rimando all’articolo dedicato Un bravo Psicologo a Torino? Ecco come sceglierlo. Una volta raggiunto il nominativo (e relative ricerche in rete) si effettua…
  4. La prima telefonata“. Anch’essa carica di ansia. Il “Lunedì chiamo” (e non ho mai capito perché tutto inizia di lunedì mah!) ormai è arrivato. Se lo psicologo non risponde subito (perché sta lavorando o è in pausa) non vale non richiamare! Dopo tanto sforzo non sarebbe onesto nei propri confronti.
  5. Il gran giorno!Finalmente ci si incontra. “Cosa dirò? E se non sapessi di cosa parlare? E se pensasse che io sono pazzo? E se fosse troppo giovane/vecchio/antipatico/non mi capisse?Oppure mi capisse troppo subito?” Avrei potuto continuare con queste ansie. Come diceva Oriana Fallaci:”Il coraggio è fatto di paura.”
  6. Cosa succede veramente nella stanza di terapia durante il primo colloquio? Semplice: ci si presenta. Il colloquio è un incontro tra due anime che non si conoscono e che piano piano imparano a farlo. Il terapeuta si presenta, dando al paziente alcune informazioni relative al suo orientamento, al suo modo di lavorare e rispondendo ad eventuali domande o curiosità. Poi, come in tutti i rapporti che si rispettino, si chiede al paziente chi è, di cosa si occupi, quali siano i suoi interessi nella vita etc. Successivamente si passa a considerare i motivi per i quali si è richiesta la consulenza, gli obiettivi e le aspettative. Il tutto in un clima di estrema tranquillità ed empatia (parola fin troppo abusata ma che in questo caso mi permetto di usare). L’ora a disposizione (e solitamente, solo per il primo colloquio, a volte anche qualcosa di più) vola, così come le ansie iniziali.
  7. Mi avrà capito?“. I pazienti pensano che i terapeuti abbiano la verità in mano: problema-soluzione. Dico sempre che, se così fosse, sarei miliardaria alle Seychelles poiché avrei azzeccato tutti i numeri del Superenalotto. Così non è. Il percorso e le soluzioni si costruiscono insieme. Certo, lo psicologo segue protocolli, tecniche, teorie etc ma per fortuna ciascuno di noi è diverso dall’altro. Un proverbio giapponese recita: “Dieci persone, dieci colori“. E come se i pazienti arrivassero in stanza di terapia con una torta Margherita. Buona, per carità, però scopo della terapia è piano piano imparare ad aggiungere gocce di cioccolato: un pò il terapeuta, un pò il paziente. Alla fine del percorso si avrà una meravigliosa torta al cioccolato ma sulla base della Margherita dell’inizio: perché buttarla via se di base era ottima? http://terapia individuale

Ora non resta proprio che tirare fuori il numero del terapeuta dal portafoglio…

Dott.ssa Sabina Natali, Psicologa, Psicoterapeuta Torino
C.so IV Novembre, 8.
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Tel:338/3052197